Succede, a un certo punto della vita, di perdere i contatti con, e di non rivedere più, persone care delle quali si avverte un sentimento di pesante mancanza, interrotto di tanto in tanto, da qualche notizia giunta tramite terzi.
Adele Faccio faceva parte di questo senso di mancanza.
L’avevamo conosciuta (molti, troppi, anni or sono) dopo essersi fatta arrestare nel corso della lotta (una delle tante che aveva combattuto per i diritti civili) per il diritto all’aborto, ci aveva colpito la sua grande dolcezza e semplicità. Una grande dolcezza unita ad una grande coerenza e ad una estrema determinazione.
Eppure la sua era già una storia importante.
Importante per la storia dei diritti civili del nostro Paese, importante per le le scelte che aveva avuto il coraggio di fare in una Italia dominata da un conformismo ipocrita e bigotto sostenuto da norme fasciste, perpetuate dal regime clerico-democristiano.
Contro quel regime, Adele Faccio contribuì, con un ruolo di primo piano, alla lotta per l’affermazione di una serie di diritti che nel resto dell’Europa civile, non gravata dalla zavorra vaticana, erano già da tempo scontati.
Oggi, nel momento in cui l’arroganza fascista di Ratzinger e delle sue legioni di tonache torna, come sempre in combutta con le forze più reazionarie del Paese, ad attaccare la laicità dello Stato, la mancanza di Adele Faccio diventa un vuoto incolmabile.
Addio compagna Adele, mancherai a noi ed a questo Paese.
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